IV domenica di Quaresima

L’antifona di ingresso della liturgia, parafrasando un passo del profeta Isaia, esprime a meraviglia l’esito della parabola per il cuore dell’uomo: “Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti voi che l’amate. Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto. Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria” (Is 66,10-11). L’immagine è di un bambino ingordo che succhia al seno della mamma e se ne sazia beato. È l’immagine dell’uomo peccatore che, pentito, torna al suo Dio e ne scopre la tenerezza, quella che la parabola vuole proprio mettere in evidenza. Non è però un’immagine usuale per la fantasia religiosa dell’uomo. L’uomo preferisce distinguersi dai suoi simili, peccatori come lui, esibendo una parvenza di giustizia, senza tener conto dei sentimenti di Dio. Ed è proprio questo che rende la sua ‘giustizia’ non gradita perché non solidale con i sentimenti di Dio.

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III domenica di Quaresima

Chi è Dio per noi? Chi siamo noi per lui? Quale relazione può stabilirsi tra noi e lui?

Potrebbero essere queste le domande cui le letture di oggi danno risposta, una risposta che ci spinge ad accogliere e rafforzare il legame con Dio, quel legame forte iniziato con il santo battesimo. Non dimentichiamo che la Quaresima è il tempo destinato a prepararci a rinnovare con decisione gli impegni battesimali, in modo da goderne i frutti con rinnovata consapevolezza!

Dio si manifesta a Mosè. Fuggito dall’Egitto, egli si trova nel deserto a pascolare animali non suoi. Con la fuga ha dovuto abbandonare ogni velleità di salvare il suo popolo dalla schiavitù al faraone e dall’inimicizia che non risparmia nemmeno i suoi fratelli. Egli deve ammettere che l’uomo, con le proprie forze, non può fare nulla a favore dell’uomo. È rassegnato a non poter fare più nulla, ma Dio no, non si rassegna!

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Ingresso in noviziato

Martedi 19 marzo, solennità di San Giuseppe, le nostre due postulanti – Lucia e Noelie – hanno iniziato il loro periodo di noviziato. L’ingresso è avvenuto durante la celebrazione dei Vespri alla presenza della comunità e del  gruppo di fedeli che ogni giorno partecipano alla nostra preghiera.

II domenica di Quaresima

La liturgia inizia con la rivelazione del desiderio più profondo dei cuori: “Di te dice il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore, io cerco”, cantato dal salmo 26 e ora reso nella nuova versione: “Il mio cuore ripete il tuo invito: Cercate il mio volto!”. È il versetto che orienta la comprensione dell’evento della trasfigurazione alla quale tutto il salmo 26, il salmo responsoriale, rimanda, perché, come dice Paolo nella sua lettera ai Filippesi: “La nostra cittadinanza è nei cieli”. È la cittadinanza alla quale rimanda la gloria della trasfigurazione, intravista dai discepoli, impauriti e rapiti nello stesso tempo, per la quale la chiesa con la colletta fa supplicare per diventarne partecipi:“purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria”. Gloria che splende sul volto di colui sul quale è proclamato: “Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!”, come ripete il canto al vangelo. Viene delineato l’intero arco del percorso del discepolo di Gesù: ascoltarlo con desiderio, conoscerne il mistero e vederne la gloria. Tutto il cammino quaresimale è teso a questo obiettivo.

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I domenica di Quaresima

Il tema portante del periodo quaresimale nel ciclo C di quest’anno è la conversione, mentre nel ciclo A era il cammino catecumenale e nel ciclo B era l’alleanza ricostituita. La questione essenziale della liturgia di oggi potrebbe essere così espressa: essere figli di Dio comporta qualche titolo di pretesa? La drammaticità di tale questione risalta in tutta la sua intensità proprio nel brano delle tentazioni di Gesù. Il vangelo di Luca introduce questo evento con l’annotazione: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo” (Lc 4,1-2). Ai nostri occhi pare assurdo il collegamento tra la pienezza dello Spirito Santo e l’essere tentato. Come se lo zelo per il Signore che muove Gesù nel suo compito messianico potesse risultare equivoco.

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VIII domenica del tempo ordinario

 Il brano di oggi segue l’illustrazione del criterio di discernimento del bene che Gesù ha appena spiegato: quale grazia devono mostrare i discepoli nel loro agire? Il loro agire dove deve pescare? Cosa deve far splendere? Gesù racconta la parabola dei due ciechi che cadono nel fosso se non saranno guidati. E formula il principio: “Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (Lc 7,40). Poi aggiunge l’invito a non guardare al difetto, piccolo, del fratello senza aver prima considerato il difetto, grande, di noi stessi, se non si vuole essere ipocriti. Sul principio: “L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Lc 7,45).

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