III Domenica di Pasqua

Nella lettera di Pietro Gesù, crocifisso e risorto, è colto a partire dal mistero della Trinità: “ Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo” (1Pt 1,20). È possibile per noi tenere uno sguardo così acuto e coinvolgente? È lo sguardo mancato ai due discepoli di Emmaus, i quali si rassegnano alla loro tristezza. Avevano iniziato un’avventura entusiasmante e ora si dichiarano delusi nelle loro aspettative. Se ne tornano a casa, col volto triste. “ Speravamo” dicono al misterioso pellegrino riferendo dei fatti di cui sono stati testimoni.

Però, due cose possono essere dette a loro favore. Non hanno ancora voltato pagina. I loro pensieri, pur nella tristezza, sono ancora occupati da Lui. Non sono arrabbiati; solo intristiti. La lingua batte dove il dente duole, dice il proverbio. Ecco, il loro cuore non si è ancora staccato dalle vicende che li hanno interessati. Seconda cosa. Sono disposti ad ascoltare, a fare amicizia. Sono tristi, ma toccabili. E sarà proprio quella disponibilità ad ascoltare, a fare amicizia, che permetterà loro di riconoscere il loro Signore nel gesto che più di tutti gli appartiene: spezzare il pane e donarlo, simbolo della sua persona donata, della sua vita donata.

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II Domenica di Pasqua

La parola di oggi è quella di sempre, quella di cui abbiamo sempre bisogno e di cui necessita tutto il mondo: misericordia! Il cuore per i miseri c’è? Dov’è? Il cuore per i miseri, l’unico, è quello del Padre, Dio, che si esprime con e nel Figlio. Questi è la Misericordia.

Lo hanno cominciato a capire finalmente anche i Dodici a Pasqua, anzi i Dieci. Uno se n’era andato infatti per gli affari suoi senza chiedere il permesso, e un altro era assente, ma presente l’ottavo giorno, cioè oggi. Oggi sono Undici.

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Da non spegnere

Da non spegnere.

Che cosa ? Non spegnere la luce, quella che viene dalla parola di Dio, quella che da senso alla vita. Non spegnere il fuoco, quello che riscalda il cuore, quello che rende più intenso e limpido l’amore.

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Cristo Vive!

Passione di Cristo

Dall’ Omelia di Padre Raniero Cantalamessa O.F.M. della Passione di Cristo

La croce di Cristo ha cambiato il senso del dolore e della sofferenza umana. Di ogni sofferenza, fisica e morale. Essa non è più un castigo, una maledizione. È stata redenta in radice da quando il Figlio di Dio l’ha presa su di sé. Qual è la prova più sicura che la bevanda che qualcuno ti porge non è avvelenata? È se lui beve davanti a te dalla stessa coppa. Così ha fatto Dio: sulla croce ha bevuto, al cospetto del mondo, il calice del dolore fino alla feccia. Ha mostrato così che esso non è avvelenato, ma che c’è una perla in fondo ad esso. E non solo il dolore di chi ha la fede, ma ogni dolore umano. Egli è morto per tutti. “Quando sarò elevato da terra, aveva detto, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Tutti, non solo alcuni!

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Domenica delle Palme

Eppure la passione di questo giusto non si sarebbe compiuta se non ci fossero stati gli iniqui che uccisero il Signore.
Sant’Agostino,  Enarrationes in Psalmos 61,22

Le cose stanno lì e ci parlano, con la loro evidenza, semplicità e durezza. Le persone possono nascondersi, cambiare, mentire. Invece le cose, gli oggetti, i gesti ci ricordano in maniera impietosa come li abbiamo utilizzati, cosa ne abbiamo fatto. Sono le tracce della storia. Per questo ho pensato di ripercorrere il racconto della passione di Gesù lasciando parlare le cose.

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