Ascensione del Signore

Con l’ascensione al cielo di Gesù viene spiegato il senso profondo della risurrezione: Gesù non è più nell’orizzonte terreno nel quale era entrato con la sua incarnazione, ma è nella gloria della divinità. L’affermazione della nostra fede è chiara: in cielo è entrato l’uomo, nella sua corporeità; non solo, ma ci è entrato con i segni indelebili della sua passione, non più visti come richiamo alla cattiveria degli uomini, ma come prova dell’immensità dell’amore di Dio per gli uomini. Tanto che gli angeli, se vogliono conoscere il loro Signore nella sua immensità, hanno dovuto aspettare il suo ingresso nei cieli con i segni della passione nella sua carne. Commentando il salmo 46 (47), letto in rapporto al mistero dell’ascensione, i Padri spiegano che agli angeli viene rivelata la sapienza di Dio che si è compiuta nel Cristo, in favore degli uomini. Gregorio di Nazianzo invita il fedele così: “Se salirà in cielo, tu sali con lui: diventa uno degli angeli che lo accompagnano e lo accolgono… poni innanzi a te la bellezza della stola del suo corpo che ha sofferto, che è stato reso ancor più bello dalla Passione, e che splendeva della sua natura divina, della quale niente è più amabile e più bello” (Or. 45,12).

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VI Domenica di Pasqua

La liturgia di oggi delinea già lo scenario di Pentecoste. Gesù annuncia l’invio dello Spirito Santo che si farà nei cuori intelligenza del suo mistero e movimento di rivelazione dell’amore del Padre per il mondo. Il brano evangelico di oggi è la risposta alla domanda di Giuda: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?”. E la domanda segue la dichiarazione di Gesù: “Chi accoglie[letteralmente: chi ha]i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21). Ciò che aveva colpito l’apostolo Giuda era l’accenno alla manifestazione. Pensava che la manifestazione del regno si dovesse imporre al mondo nel senso che la potenza di Dio avrebbe stabilito il suo regno con forza, vincendo tutti i nemici che fino a quel momento l’avevano avversato. Capisce però che Gesù dice altra cosa e per questo fa la domanda, che è la domanda messianica per eccellenza: come si rivelerà il regno di Dio? Come lo vedremo?

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V Domenica di Pasqua

Tutta la liturgia di oggi ruota attorno all’aggettivonuovo. L’ingresso segnala il cantonuovo, la colletta il fatto che Dio, nel suo Figlio,rinnovagli uomini e le cose, l’Apocalisse rivela: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”, il canto al vangelo e il vangelo: “Vi do un comandamento nuovo”, l’antifona dopo la comunione parla di vitanuova.

È strano come il brano evangelico di oggi non riporti nella sua interezza il versetto 33, che suona: “Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire”. Quel ‘dove vado io’ è essenziale per la comprensione del comandamento nuovo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 14,34).

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IV Domenica di Pasqua

La lettura degli Atti ci pone al seguito dei primi missionari, Barnaba e Paolo, inviati dalla comunità di Antiochia. Là dove essi giungono si rivolgono anzitutto ai Giudei. Sono obbedienti al Signore, che aveva raccomandato di iniziare dal popolo d’Israele, portatore delle promesse. Questo popolo è il fulcro, il centro, attorno a cui possono riunirsi anche altri per condividere la fede nel Messia, in Gesù, e quindi la gioia della vita nuova. L’annuncio della morte e risurrezione del Signore non viene accolto facilmente da tutti i membri di questo popolo: si crea divisione tra di loro. Questa divisione diventa subito palese ad Antiochia di Pisidia e poi a Iconio (oggi grande città della Turchia), dove i due apostoli missionari arrivano. Quando questi subiscono il rifiuto e vengono scacciati, obbediscono ad un altro insegnamento del Signore: “Scuotete la polvere dai vostri piedi…”. Ed eccoli rivolti ai pagani, pronti a seminare la Parola in quell’immenso campo, che ancor oggi non è stato raggiunto del tutto, e attende con vivo desiderio di poter conoscere l’amore del Dio vivente.

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III Domenica di Pasqua

La proclamazione del vangelo oggi comprende due scene: la pesca miracolosa con l’invito di Gesù a mangiare con lui e la triplice confessione di Pietro. È la terza volta che Gesù compare ai discepoli, se escludiamo la manifestazione del Risorto a Maria Maddalena, la prima a cui Gesù appare. Sembra di intuire che, a fronte della titubanza dei discepoli, pur inviati in missione nel mondo, il modello del rapporto del discepolo con Gesù Risorto sia offerto proprio dalla Maddalena, a indicare che la dimensione profonda dell’incontro con Gesù si compie solo nell’amore.

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