I domenica di Quaresima

All’inizio della nostra celebrazione abbiamo chiesto perdono a Dio, anche oggi, come ogni volta che ci raduniamo, perché il peccato del mondo ci insegue e penetra le nostre ossa. Del peccato dell’uomo parla anche tutta la liturgia di questa prima domenica di Quaresima.

La prima lettura si sofferma a descrivere le varie fasi del sorgere del peccato nell’uomo, il modo con cui esso si origina in noi, e la stoltezza che l’uomo manifesta obbedendo più a se stesso e ai propri istinti che alla sapienza piena d’amore di Dio.

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VII domenica del tempo ordinario

L’antifona di ingresso esprime molto bene l’atteggiamento con cui ascoltare l’annuncio della parola di Dio oggi: “Confido, Signore, nella tua misericordia. Gioisca il mio cuore nella tua salvezza, canti al Signore che mi ha beneficato” (cfr. Sal 12 (13),6). Lo stesso atteggiamento è ripreso dal salmo responsoriale, a commento del comando proclamato nella prima lettura: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2), con il ritornello: ‘Il Signore è buono e grande nell’amore’. Ma quando risuonano queste parole nella Scrittura? In una situazione così altamente drammatica da temere, da parte del popolo, di aver ormai perso tutto. Occorre riandare al contesto in cui il nome di Dio era stato proclamato per cogliere la portata della santità che definisce Dio nei confronti dei suoi figli e che abilita i suoi figli ad essere tali, come a Lui è gradito, per rivelare al mondo la grandezza del suo amore. Il popolo nel deserto, esasperato e impaziente, costruisce il vitello d’oro e rifiuta l’alleanza con il suo Dio che non sentiva più accanto. Quando Mosè discende dal monte e vede l’idolo eretto nell’accampamento si infuria, spezza le tavole della Legge e cade in profonda prostrazione: cosa farà ora il Signore? Starà ancora dalla parte del suo popolo? E di me che ne sarà? Mosè sta solidale con la sua gente, ricorda a Dio che questo è il suo popolo e per essere confermato chiede a Dio di vedere la sua gloria. E quando la gloria del Signore gli si manifesta, ode la proclamazione del nome: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso …” (Es 34,6). È la seconda volta che Dio rivela il suo nome e questa volta nel dramma più assoluto.

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Pomeriggio in monastero

Sabato 22 febbraio e 7 marzo 2020

Una proposta rivolta ai giovani che cercano occasioni concrete per fermarsi a pensare e riflettere alla luce della Parola di Dio.

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VI domenica del tempo ordinario

Nella tradizione ebraica si trova questa affermazione: “La Torà che si impara in questo mondo non è nulla in confronto alla Torà del Messia” (Midrash Qohelet 11,8). Il vangelo di Matteo legge la Legge con gli occhi di Gesù perché Gesù è la Torà vivente. Non c’è antitesi tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Il vangelo dice: c’è compimento. Cosa significa? Gesù non contrappone il suo insegnamento all’insegnamento di prima. Il suo insegnamento consiste nello sviscerare quello antico, interpretandolo secondo l’autorità che aveva all’origine. Risale all’intenzione stessa di Dio nel dare la Torà. La novità non sta nel suo insegnamento, ma nel fatto che l’insegnamento compiuto è la sua persona, la sua umanità, è lui stesso. Per questo può proclamare: avete inteso che … ma io vi dico!

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Suor Annamaria compie 100 anni

V domenica del tempo ordinario

Quando le beatitudini sono diventate le vie del proprio cuore, allora possiamo anche sentirci rivolgere le parole di Gesù: “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo…”. Evidentemente, seguire Gesù non comporta uscire dal mondo, appartarsi dal mondo, vivere in qualche nicchia a parte. Tutto l’opposto: Gesù invia al mondo. Tanto che proprio la vita nel mondo, nella realtà del mondo, in tutte le mediazioni che comporta, deve essere il luogo dove far splendere la luce, dove dar sapore alle cose, dove far emergere la presenza del Signore che è venuto a dare la vita. A questa condizione di fondo: essere nel mondo, ma non del mondo; vivere la vita nel mondo, senza pretendere di succhiarla dal mondo.

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Presentazione del Signore

La festa di oggi è ancora ancorata al natale di Gesù nella logica del compimento messianico che caratterizza quel bambino. È il quarantesimo giorno dalla sua nascita e, secondo gli usi ebraici, si doveva presentare al tempio il primogenito per il cosiddetto riscatto. Luca parla della loro purificazione: ma solo la mamma era tenuta a purificarsi dopo il parto (cfr. Lev 12,1-8). Nemmeno c’è nessuna legge che prescrive di portare il bambino al tempio. La Legge di Mosè prescrive di consacrare e riscattare ogni primogenito (cfr Es 13). Luca, citando quella norma, ne modifica l’espressione dicendo che ‘ogni maschio primogenito sarà chiamato santo’ ed usa le stesse parole dell’angelo Gabriele quando reca l’annunzio a Maria.

Come a sottolineare: Gesù non ha bisogno di essere consacrato al Signore e non deve essere riscattato; anzi, Lui è il Consacrato, il Cristo del Signore, Lui sarà il riscatto per il suo popolo, per l’intera umanità. In Lui si concentra tutto il senso della storia sacra perché compie in verità quello che nella Legge veniva descritto in simbolo: Gesù è il primogenito diletto che compie il sacrificio di Isacco, come Lui è il vero pane celeste che era prefigurato nella manna.

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