V domenica di Pasqua

Io sono la vera vite: un’affermazione che va letta alla stregua delle altre analoghe affermazioni di Gesù. «Sono il vero pane», «Io sono la luce». In queste affermazioni c’è una nota polemica: Gesù è la vera vite, il vero pane, la vera luce. Tutte queste affermazioni indicano che Gesù, e non altri, è in grado di offrirci quella vita che andiamo cercando.

L’affermazione di Gesù («Io sono la vite») introduce una novità rispetto all’Antico Testamento. Là si dice che Dio ha una vigna, qui si afferma che Dio stesso è la vite. Nell’Antico Testamento si parla di una vigna e di una vite che non sono all’altezza delle attese di Dio. Se qui l’evangelista Giovanni può affermare che la vite è finalmente all’altezza delle attese di Dio, è unicamente perché Gesù è la vite.

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16. L’inquietudine di fronte a decisioni da prendere (prima parte).

Esaminiamo ora un’ultima ragione, che ci fa perdere ogni tanto la pace, cioè il turbamento della coscienza che può attanagliarci quando dobbiamo prendere delle decisioni. Abbiamo paura che quanto decidiamo possa avere delle spiacevoli conseguenze, temiamo di non fare la volontà del Signore e altre cose simili. Tali situazioni possono essere molto penose. L’atteggiamento generale di abbandono e di fiducia di cui abbiamo parlato, quel rimettere tutto nelle mani di Dio, che fa sì che non « drammatizziamo » mai nulla (neanche le conseguenze che possono avere i nostri errori!), sarà molto utile in queste situazioni di incertezza.

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9. Atteggiamento di fronte alla sofferenza dei nostri cari

Rischiamo spesso di perdere la pace, nel caso in cui una persona a noi vicina venga a trovarsi in una situazione difficile. A volte siamo molto più toccati e preoccupati per la sofferenza di un amico o di un bambino che per la nostra. Questo in sé è molto bello, ma non deve costituire motivo di disperazione. Quali inquietudini, talvolta eccessive, regnano m alcune famiglie quando uno dei componenti è provato nella salute, disoccupato, vive un momento di depressione, ecc. Quanti genitori si lasciano consumare dalla preoccupazione per un problema di un loro figliolo.

Tuttavia il Signore ci invita, anche in questo caso, a non perdere la pace intcriore, per quell’insieme di ragioni esposte nelle pagine precedenti e che evitiamo qui di ripetere. Il nostro dolore è legittimo, purché mantenuto in una condizione di tranquillità. Il Signore non potrebbe abbandonarci: « Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se questa donna si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai » (Is 49,15).

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6. Dio domanda tutto, ma non prende necessariamente tutto

A proposito di quanto considerato, è importante però saper smascherare un’astuzia frequente del demonio per infastidirci e scoraggiarci. Di fronte a certi beni di cui disponiamo (un bene materiale, un’amicizia, un’attività che amiamo, ecc.), il demonio, per impedire che ci abbandoniamo a Dio, ci fa immaginare che, se gli rimettiamo tutto, Dio effettivamente prenderà tutto e divorerà ogni cosa nella nostra vita! Questo suscita in noi un terrore che ci paralizza completamente; ma non bisogna lasciarsi prendere in trappola.

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5. Non c’è abbandono se non è totale

A proposito dell’abbandono, è utile fare un’osservazione. Perché l’abbandono sia autentico e generi pace, bisogna che sia totale. Dobbiamo rimettere tutto, senza eccezioni, nelle mani di Dio senza cercare di amministrare o salvare nulla da soli sia nel campo materiale, che nella sfera affettiva o in quella spirituale. Non possiamo dividere l’esistenza umana in settori, in alcuni dei quali sia legittimo abbandonarsi a Dio con fiducia ed altri dove ce la si debba sbrogliare esclusivamente da soli. Occorre sapere quanto segue: tutte le realtà che non avremo abbandonato, che vorremmo gestire da soli (senza lasciare carta bianca a Dio) continueranno, in un modo o nell’altro, a renderci inquieti. La misura della nostra pace interiore sarà quella del nostro abbandono, dunque anche quella del nostro essere distaccati.

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4. Per crescere nella fiducia: una preghiera da bambino

Come crescere e dimorare in questa totale fiducia in Dio? Non sarà sufficiente poggiarci su speculazioni intellettuali e considerazioni teologiche: non reggeranno nel momento della prova. Ciò che ci sosterrà sarà uno sguardo di contemplazione su Gesù. Contemplare Gesù che dona la sua vita per noi; nutrirci di questo amore folle che egli manifesta per noi sulla croce: ecco quanto veramente ispira fiducia. Come potrebbe questa suprema prova d’amore — « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13) —, instancabilmente contemplata con uno sguardo di fede, non fortificare poco a poco il nostro cuore, stabilendolo in un atteggiamento di incrollabile fiducia? Cosa mai possiamo temere da un Dio che ci ha manifestato il suo amore in modo così evidente? Come potrebbe non stare per noi, non agire a nostro favore, questo Dio amico degli uomini « che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi » (Rm 8,32)? E « se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rm 8,31).

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IV domenica di Pasqua

Io sono il pastore: il titolo più disarmante e disarmato che Gesù dà a se stesso. Eppure pieno di coraggio, contro i lupi e per la croce. Io sono il pastore bello, aggiunge il testo greco. E noi capiamo che la bellezza del pastore è il fascino che hanno la sua bontà e il suo coraggio. Capiamo che la bellezza è attrazione, Dio che crea comunione. Con che cosa ci avvince il pastore bello, come ci fa suoi? Con un verbo ripetuto cinque volte: io offro la mia vita; la mia vita per la tua. E non so domandare migliore avventura. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio, il comando che fa bella la vita: il dono. La felicità di questa vita ha a che fare col dono e non può mai essere solitaria.

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3. La paura della sofferenza

L’altro grande elemento, che costituisce impedimento all’abbandono fiducioso a Dio, è la presenza della sofferenza nella nostra vita personale come nel mondo che ci circonda, di tutte queste sfortune che sembrano contraddire le parole del Vangelo su Dio Padre, che prende cura dei suoi figli. Dio permette delle sofferenze anche per coloro che si abbandonano a lui, lasciando che manchino di alcune cose, a volte in modo doloroso. In quale povertà ha vissuto la famiglia della piccola Bernadette di Lourdes!

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2. La nostra difficoltà a credere nella Provvidenza

II primo ostacolo consiste nel fatto che, fino a quando non avremo sperimentato concretamente questa fedeltà di iJio che si prende cura di noi, avremo dei problemi a credere veramente e ad abbandonarci ad essa. Siamo delle teste dure, la parola di Dio non ci basta, vogliamo vedere almeno un po’, prima di credere! Non vediamo la Provvidenza agire intorno a noi in modo chiaro. Come fare per confidarvi?

Dobbiamo capire una cosa. Non si tratta di sperimentare per poi credere; bisogna prima credere, fare atti di fede, e allora si sperimenterà. In altre parole, possiamo verificare questo sostegno di Dio soltanto nella misura in cui gli lasciamo lo spazio necessario in cui potersi manifestare.

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1. Le preoccupazioni della vita e la paura di mancare del necessario

Generalmente perdiamo la pace a causa del timore suscitato da alcune situazioni che ci toccano personalmente e nelle quali ci sentiamo minacciati, dall’apprensione di fronte a difficoltà presenti o future, della paura di essere privi di qualcosa di importante o di non riuscire in tale o tal altro progetto ecc. Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita: salute, vita familiare e professionale, vita morale, la stessa vita spirituale in fine.

Nei casi elencati si tratta di un certo bene, di natura molto variabile: bene materiale (denaro, salute, potere), morale (capacità umane, stima, affetto di alcune persone), spirituale (virtù, doni e grazie spirituali), bene che desideriamo e riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere o di non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L’inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace.

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