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Cristo Re

Il brano di oggi, che chiude l’anno liturgico, non è una semplice parabola, ma la visione di un giudizio profetico che ci fa contemplare nello stesso tempo, in uno sguardo d’insieme, la verità di questo mondo e quella del mondo futuro. Mette in scena la fondamentale chiamata comune alla premura vicendevole come senso del vivere. Tale chiamata risponde all’inprint che sigilla la creazione: se il mondo è stato creato per amore, solo con l’amore trova il compimento, solo con l’amore se ne coglie il senso

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XXXIII domenica del tempo ordinario

Le letture di oggi si aprono con una paginetta simpatica: l’elogio della donna perfetta, quella donna che è difficile trovare, ma che comunque si trova più spesso di quanto si pensi. È la donna laboriosa, sempre in attività. Nel suo lavoro però ella non si limita a pensare soltanto alla propria famiglia, nè tanto meno a se stessa, ma tiene conto dei poveri di Dio, di coloro cui nessuno pensa e che non riescono a badare a se stessi: ella si sente incaricata di far loro giungere i segni dell’amore del Padre. Anch’essi sono amati dal suo Dio, il quale si serve dei suoi figli capaci per provvedere ai figli inesperti o incapaci.

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XXX domenica del tempo ordinario

Per cogliere la portata della risposta di Gesù alla domanda sul comandamento grande, la liturgia di oggi ci offre varie porte di accesso. Il brano evangelico risponde a due grosse domande che serpeggiano nel nostro cuore: 1) che tipo di amore Dio ci richiede se ci comanda di amare? 2) dato che il comandamento riguarda l’agire, interiore e esteriore, allora cosa cerchiamo con il voler osservare il comandamento?

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XXIX domenica del tempo ordinario

La Parola che Gesù ci dona oggi è diventata proverbiale. Essa ha lasciato stupiti e ammutoliti i suoi nemici, che erano certi di aver teso una trappola infallibile al Maestro che attirava le folle con le sue parole franche e amabili. Per poterlo cogliere in fallo in modo inequivocabile, progettano una domanda tale da fargli pronunciare una risposta comunque condannabile. Si sono alleati i due partiti nemici tra loro, i farisei con gli erodiani. Se una risposta fosse stata gradita agli uni, sarebbe risultata condannabile dagli altri. Inoltre fanno in modo che si presentino a lui i discepoli dei due partiti: i capi non si espongono, timorosi comunque di non far brutta figura di fronte al popolo. Per introdursi nel discorso e mettere Gesù nella condizione di parlare senza remore, si fingono suoi convinti ammiratori. Con spirito di menzogna affermano il vero: “Sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno”. Sono davvero astuti, ma Gesù, che li conosce, si accorge subito della loro malizia, e ancor più quando pongono la domanda fatidica: “È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”.

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XXVIII domenica del tempo ordinario

Ascoltando la parabola di oggi insieme alle altre due delle domeniche precedenti, ci accorgiamo che Gesù, nel contrasto che si sta consumando tra lui e i capi del popolo, nel suo tentativo di svegliare le coscienze, aggiunge due particolari nuovi. Se prima aveva parlato del padrone di una vigna e dell’invio del figlio che sarà ucciso, ora parla del padrone che ha preparato le nozze per il figlio e degli invitati che non ne vogliono sapere di intervenire. L’accento ora è solo sugli invitati. È a loro che dobbiamo guardare per cogliere il senso della parabola. I primi invitati rifiutano. Il padrone manda i suoi servi a raccogliere sulle strade quanta più gente possono perché la sala del banchetto sia piena. Ecco il primo particolare nuovo: “andate ora ai crocicchi delle strade”. Non si tratta deicrocicchi all’interno della città, ma dei punti di confluenza delle strade fuori della città. Il significato evidente risulta: non solo gli israeliti sono invitati, ma tutti i popoli.

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XXVII domenica del tempo ordinario

La parabola di oggi è la seconda delle tre rivolte da Gesù direttamente alle autorità del tempio e della nazione. Essa ha un sapore profetico preciso: allude alla imminente passione di Gesù che incontra l’ostilità ormai dichiarata dei capi religiosi. Il contesto narrativo è altamente drammatico, come la conclusione, tirata dagli stessi ascoltatori, lascia perfettamente intendere. Avviene come nel caso di Davide, dopo il peccato di adulterio e assassinio, allorquando si condanna con le sue stesse parole rispondendo all’apologo del profeta Natan (cfr. 2 Sam 12,1-13). L’intensità emotiva dello scontro però non deriva dall’ira, ma da una passione d’amore.

Per cogliere tutta l’intensità di quella passione d’amore basta leggere il brano di Matteo con il corrispondente di Luca 20,9-19. Nel testo di Luca, i contadini percuotono, insultano, feriscono i servi (= i profeti) mandati dal padrone della vigna, ma solo del figlio del padrone si dice che, dopo averlo cacciato fuori della vigna, lo uccidono. Il figlio è presentato come l’amato. Come non cogliere il valore profetico di questi particolari applicati a Gesù stesso, lui, il Figlio amato, come viene testimoniato dalla voce del Padre al battesimo e alla trasfigurazione?

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XXVI domenica del tempo ordinario

Il profeta Ezechiele ci offre un ragionamento semplice, ma severo: egli sa che gli uomini spesso bestemmiano, cioè attribuiscono a Dio il male che succede: « Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore” ». Come fa un uomo a giudicare il Signore, il creatore del cielo e della terra? Può un uomo essere più buono di lui? O più sapiente? O più previdente? Non è questo pensiero un’ingiustizia che porta a grandi disobbedienze, e quindi a rovinare la propria vita? Se tu ti ritieni giusto, ma condanni Dio, non solo sei ignorante, ma anche colpevole e meritevole di castighi. Al contrario, chi sa d’essere peccatore, se comincia a ubbidire a Dio, riceve la sua vita!

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XXV domenica del tempo ordinario

Con il salmo responsoriale confessiamo: “ Giusto è il Signore in tutte le sue vie e buono in tutte le sue opere” (Sal 144/145,17). Di per sé, non abbiamo obiezioni da opporre, ma in pratica quanto sono incomprensibili le vie di Dio! Il brano evangelico odierno, con la parabola degli operai che vengono pagati tutti allo stesso modo pur essendosi affaticati diversamente nel lavoro, né è la prova più inconfutabile. Davanti a un simile brano non riusciamo a toglierci di dosso la perplessità di fronte al comportamento del padrone: non è giusto però! Sappiamo di non poter sostenere che il padrone agisce ingiustamente (tutto nella parabola mira a che sia osservata la giustizia: non abbiamo pattuito un denaro? …) eppure non riusciamo a non condividere la presa di posizione dei primi operai che si vedono trattati come gli ultimi. Perché questo?

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XXIV domenica del tempo ordinario

Per cogliere la portata di rivelazione dell’insegnamento di Gesù sul comandamento del perdono vicendevole possiamo farci la domanda: perché Gesù insiste così tanto sul perdono vicendevole? Quando insegna la preghiera del Padre nostro, l’unica invocazione che riprende nella sua spiegazione è quella sul rimettere i debiti. Perché?

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XXIII domenica del tempo ordinario

Il brano evangelico di oggi e di domenica prossima è tratto dal capitolo 18 di Matteo, quello in cui viene delineata l’immagine realistica della comunità dei credenti, una comunità bisognosa sempre del perdono vicendevole. Il brano di oggi riguarda i peccati pubblici e quello di domenica prossima i peccati privati. Per meglio dire, oggi l’accento è sul peccato contro l’appartenenza alla chiesa e domenica prossima sul peccato che interessa le relazioni tra persone. In effetti, l’espressione che oggi si proclama: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te …”, nei codici più antichi, il Sinaitico e il Vaticano del IV secolo, non è riportato l’inciso ‘contro di te’, a indicare che si tratta di un peccato pubblico. Matteo delinea la linea da seguire in questi casi. Si può pensare che per peccato pubblico si intenda una posizione eretica rispetto alla fede della Chiesa, una rivendicazione di liceità in contrasto con l’insegnamento comune quanto al comportamento. L’invito è: non abbiate fretta di condannare! Cercate in ogni modo di far emergere le intenzioni del cuore, date spazio all’ascolto, lasciate che le cose si possano giudicare con calma, prima a tu per tu, poi con qualche persona e infine pubblicamente. Lasciate che i cuori si possano spiegare. Solo dopo aver tentato tutte le vie, allora la chiesa può ricorrere alla sua autorità di ‘legare e sciogliere’, vale a dire di scomunicare e accogliere. Evidentemente, la presa d’atto che la persona in accusa sia riconosciuta fuori dalla chiesa non è un principio di autorità. L’autorità è solo quella di accogliere, di perdonare, di sostenere la conversione dei cuori. E quando tutto risultasse inutile rispetto alla pervicacia dei cuori, vale sempre il ricorso alla preghiera, vale a dire al mistero della benevolenza dei cuori che affidano a Dio altri cuori che solo Lui conosce.

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