XXVI domenica del tempo ordinario

Il brano di Marco, al di là del contenuto specifico delle parole di Gesù, sottolinea due realtà: l’estrema preziosità della fede nel Signore Gesù e la tensione per il Regno, segreto della vita. Ambedue le realtà sono suggerite dal canto al vangelo: “La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità” (cf Gv 17,17). Come se, davanti alla proclamazione del vangelo, pregassimo: fa’ che viviamo della verità delle tue parole, aderendovi intimamente, in tutta evidenza per il nostro cuore. In questo brano, Gesù proclama la verità sotto forma di promessa e sotto forma di minaccia. La promessa è rivolta a chi non ha ancora aderito a lui e la minaccia a chi ha già aderito, ma il contenuto della promessa e della minaccia è il medesimo: quanto è preziosa per la nostra vita la conoscenza dei misteri del Regno!

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XXV domenica del tempo ordinario

Gesù sta salendo verso Gerusalemme – nel Vangelo di Marco è descritta una sola salita verso la città santa – e insegna, cioè spiega come si compirà la sua missione: “Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Ma i discepoli non capiscono. Anzi la loro domanda ricorrente, tacita o esplicita, è: “Chi è costui?” (cf Mc 1,27; Mt 21,10). Ma perché non comprendono? Perché hanno una mente chiusa, poco lungimirante. Non si può capire Cristo con una mentalità, direbbe papa Francesco, “mondana”. Per entrare nel “pensiero di Cristo” ci vuole, come abbiamo sentito tante volte, prima di tutto la disponibilità ad accogliere la sua novità, bisogna aprirsi a un modo nuovo di pensare, illuminato proprio da Gesù. Una visione esclusivamente terrena non riesce a comprendere Cristo. Serve, invece, un pensiero spirituale ossia generato dallo Spirito Santo, senza il quale non siamo in grado di cogliere Cristo come dono del Padre (cf 1Cor 2,12). I discepoli, all’opposto, sono ancora fermi a interrogarsi su chi sia il più grande, perciò tacciono quando Gesù chiede di che cosa stavano parlando lungo la strada (cf Mc 9,33). La domanda del Maestro risveglia in loro la consapevolezza di essere caduti in un modo di discutere pragmatico, improntato alle opinioni dominanti. Ma intanto Cristo annuncia che “Il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini” (Mc 9,31). “Essere consegnato” traduce il verbo grecoparadidomiche esprime una forte connotazione drammatica (cf Ger 38,19; Dan 7). Il Salvatore, infatti, “viene consegnato nelle mani di una generazione malvagia e perversa” (cf Mt 17,17) dalla quale sarà “sbranato” (cf Rm 5,8). Sarà consegnato alla morte. Ma Gesù trasforma la propria morte in dono, consegnandosi volontariamente: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio”. (cf Gv 10,18).

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XXIV domenica del tempo ordinario

Con la proclamazione di fede di Pietro siamo al centro del vangelo di Marco. Gesù prende così sul serio la risposta di Pietro che decide di svelare il suo futuro di passione. È il primo annuncio della passione nel vangelo di Marco. La differenza di risposte alla domanda di Gesù di chi lui sia sta in questo: la gente si riferisce a Gesù, la cui figura affascina, come a colui che è stato inviato a preparare l’arrivo del Messia, mentre Pietro confessa che Gesù è proprio il Messia. Si tratta dello stesso quesito di Giovanni Battista: sei tu o dobbiamo aspettarne un altro? Pietro riconosce che è lui il Messia, confessione che induce Gesù a svelare il suo segreto.

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XXIII domenica del tempo ordinario

Già nel brano evangelico di domenica scorsa, l’evangelista Marco narrava la difficoltà, da parte di qualcuno, ad accogliere la novità di Cristo che non viene percepita né accettata. Gesù, infatti, propone una visione inedita della vita, costituita da una relazione totalmente nuova con Dio, che trova in Dio stesso il suo principio e si realizza in Dio stesso.

La visione ossessivamente dettagliata della religione, che hanno in mente scribi e farisei, tenta – senza riuscirci – di rendere l’uomo più sicuro del suo rapporto con Dio, semplicemente attraverso l’adempimento preciso di una serie di prescrizioni. Invece, un Dio che in Gesù si rivela come Padre buono, che perdona tutti e che tutti ama, intacca questa ideologia legalistica ed è scomodo per scribi e farisei, che si basavano più sulla legge che sulla relazione. Triste è constatare che i discepoli sembra la pensino allo stesso modo.

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Visite in comunità

Dal 2 al 7 settembre la comunità ha ospitato le giovani postulanti e novizie ruandesi presenti nei monasteri delle Adoratrici Perpetue del SS.Sacramento di Bassano del Grappa e Innsbruck. Guidate da don Patrizio Munyentwali hanno partecipato ad un corso di esercizi spirituali nella loro madrelingua.

XXII domenica del tempo ordinario

Di nuovo la grande questione che la liturgia propone oggi è la questione dell’intelligenza della vita. Gesù rimprovera i suoi discepoli: “Così neanche voi siete capaci di comprendere?” (Mc 7,18). Nel libro del Deuteronomio, Mosè dice al popolo: “Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente” (Dt 4,6). Interessante notare la ragione di tale intelligenza: “Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?” (Dt 4,7). Ecco, la vicinanza di Dio, la percezione della sua vicinanza, l’esperienza custodita della sua vicinanza, questa è la radice di intelligenza. Il che significa che il cuore dell’uomo ha bisogno di quella ‘prossimità’ per fiorire nella sua umanità. E, nello stesso tempo, significa che è la parola di Dio a nutrire il cuore dell’uomo, a custodire il suo cuore.

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