La notte senza stelle

“La notte senza stelle è fonte di angoscia”: un’immagine suggestiva è uscita dal cuore del Papa parlando a Lisieux, lunedì scorso, ultimo giorno del suo viaggio in Francia. Ascoltatrici erano in quel momento le suore del Carmelo di Lisieux, eredi dello spirito di colei che, pur non essendo mai uscita dalle mura del convento di clausura e pur essendo morta a soli ventiquattro anni, è stata riconosciuta patrona delle missioni e portatrice di un messaggio, la piccola via dell’infanzia spirituale, certamente attuale per tutti gli uomini del nostro tempo.

Teresa Martin, diventata S. Teresina, ha offerto al Papa lo spunto per richiamare le sue ascoltatrici a “vivere più radicalmente che mai” la loro vocazione di adoratrici del mistero di Dio, perché è di questo servizio che gli uomini di oggi hanno intensa e particolare urgenza. Il mondo infatti – ha sottolineato Giovanni Paolo II – ha bisogno di segni del Dio vivente, altrimenti non riesce a decifrare i propri problemi, si perde sui sentieri del materialismo, non penetra nel cuore della vita, non capisce donde viene e dove va, non si spiega e non spera. Riproponendo così il mistero della vita claustrale come segno per il mondo, l’immagine da lui usata è stata veicolo per interpretare la realtà, lanciare una sfida, seminare una speranza, stimolare un impegno: senza persone consacrate con tutta la vita al Dio vivente, la vita dell’uomo diventa come una notte senza stelle ed in essa nasce l’angoscia.

Le stelle sono i segni del Dio vivente che, là dove e quando sono coerenti fino in fondo con la propria vocazione, diventano luce che libera e riconcilia nella pace per il ritrovato senso della vita propria ed altrui. Nell’immagine della notte senza stelle è la parabola della vita che viene disegnata con una struggente e consumante attesa: vedere, sperimentare dal vivo che esistono persone che non conoscono l’angoscia né la disperazione, ma solo la pace e la gioia perché hanno incontrato il Dio vivente fino a diventare una cosa sola con Lui, ad appartenere completamente a Lui, a consacrarsi nel silenzio che adora, con tutte se stesse, unicamente a Lui.

La notte non è più scura, le tenebre non sono l’ultimo atto del cammino, l’angoscia non è più lo stato in cui versa un’umanità morente e boccheggiante: così la vicenda delle claustrali, dal silenzio si apre sul mondo, sulla sorte di tutti, di chi si affanna e di chi si perde, di chi odia e di chi ama, di chi lotta e perde, di chi schiaccia e gode, di chi uccide e calcola, di chi dona e dimentica.

Il mistero della clausura, nel silenzio di una vita solo per Dio, va alle radici della vita umana, e dalle radici si ritrova là dove tutto può riprendere linfa e vigore, là dove sgorga l’amore puro senza inganni né infingimenti, senza promesse fallaci né illusioni. Costretti a misurarci con le angosce di troppi ed a contemplare le speranze di pochi, vogliamo ritrovarci sotto la volta di un cielo rischiarato dai segni di Dio: ma da dove verranno questi segni, chi accetterà di essere segno, di lasciare tutto per ritrovare tutto, di perdere per andare alle radici? Altrimenti come si risolverà il senso della vita umana?

MONS. LUIGI STUCCHI, editoriale da “Il Resegone” – 6 giugno 1980