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Prima domenica di Avvento

La Chiesa di rito latino inizia oggi il tempo di Avvento, quattro settimane impiegate ad esercitare quella vigilanza che ci deve caratterizzare sempre. Il cristiano vuole essere attento e vigilante a tutto quello che succede, sia per vedere dove riversare l’amore che Dio gli ha messo nel cuore, sia per difendere la propria fede dalle molte tentazioni e seduzioni che la insidiano, sia per riconoscere negli avvenimenti il rivelarsi della volontà del Padre. Oggi appunto sentiamo una pagina del vangelo in cui Gesù raccomanda, anzi, comanda la vigilanza. Egli stesso è il Signore “ che viene” per incontrare coloro che lo attendono.

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XXXIII domenica del tempo ordinario

Avvicinandoci alla fine dell’anno liturgico diventa quasi naturale meditare sul momento che ci avvicina alla meta della nostra esistenza, al traguardo, e quindi alla fine di quanto abbiamo visto e goduto lungo il cammino.

L’occasione per parlare di questo futuro viene data a Gesù dai discorsi che egli ode nei piazzali del tempio di Gerusalemme. Questo tempio era una magnifica opera d’arte, una meraviglia per tutti. Come tutte le cose belle e buone anche il tempio diventava tentazione: tentazione di gloriarsi di esso dimenticando di alzare lo sguardo a Dio e di obbedirgli, cioè di essere attenti alla sua vera immagine, l’uomo che ci cammina accanto, anche se povero e sofferente.

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XXXII domenica del tempo ordinario

“Non di tutti infatti è la fede”: con queste parole San Paolo spiega il motivo di molte sofferenze cui vanno incontro i cristiani. Essi vengono a trovarsi in mezzo a “ uomini perversi e malvagi”, che sono così perché appunto non hanno fede. La fede genera amore, la fede genera sapienza e cultura orientata a cercare la pace e le opere di bene, la fede cerca il conforto per tutti, la fede mette l’uomo in ricerca delle occasioni per donare se stesso. La fede infatti è dono del Dio dell’amore, il Dio  Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ha offerto se stesso per gli uomini peccatori.

Chi crede diventa capace di offrirsi e trova la sua gioia nel potersi donare.

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XXVII domenica del tempo ordinario

Venite, applaudiamo al Signore, / acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.

Accostiamoci a lui per rendergli grazie, / a lui acclamiamo con canti di gioia!

Il salmo di risposta alla prima lettura ci fa contemplare Dio come colui che tiene in mano la nostra vita e la rende sicura, la realizza pienamente, la riempie di gioia!

Il brano del profeta Abacuc, a dire il vero, si apre con una lamentela rivolta al Signore. Molte volte il nostro sguardo è spettatore di situazioni penose, di sofferenza, persino di violenza e di ingiustizia. Liti e contese distruggono i popoli, e scoraggiano anche la nostra speranza. Ma proprio nel momento della nostra delusione e del nostro grido di aiuto Dio risponde con una parola di incoraggiamento. Possiamo continuare a sperare, perché Dio non si è dimenticato di noi. “ Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”: Il  giusto, colui che si appoggia al suo Dio e vive obbediente alla sua parola, non deve temere. Semmai può temere “ colui che non ha l’animo retto”, perché questi non è aggrappato alla “ roccia della nostra salvezza”. Colui che obbedisce a Dio invece vive, ha gioia e sicurezza, grazie alla sua fede, grazie alla sua obbedienza alla parola di Dio.

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XXIII domenica del tempo ordinario

Le parole di Gesù suonano così perentorie da incutere timore: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo … Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Non sono parole dette in astratto, ma rivolte proprio a chi era rimasto affascinato da Gesù e lo seguiva. È come se Gesù volesse ribadire: non crediate di ottenere vantaggi venendomi dietro. La posta in gioco è assai più alta.

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XXII domenica del tempo ordinario

Domenica scorsa Gesù terminava il suo insegnamento raccomandando di arricchire davanti a Dio. A noi è rimasto l’interrogativo: come si fa? Quali sono le “ ricchezze” valide “ davanti a Dio”? Forse oggi riusciamo a cogliere la risposta dalla bocca stessa di Gesù. Il nostro cuore e la nostra mente vengono preparati dalle parole del Siracide. Questi fa l’elogio dell’umiltà e della modestia, atteggiamenti che favoriscono la capacità di ascolto, accrescono la propensione alla meditazione, fonte di saggezza; dalla saggezza poi scaturisce la generosità verso i poveri.

Ora ascoltiamo Gesù, che accoglie un invito a pranzo. Colui che invita è uno dei capi farisei. Noi sappiamo che queste persone tanto religiose non sono propense a prendere sul serio il Signore. Lo chiamano “ maestro”, ma cercano occasioni per spiarlo e trovare nelle sue parole appigli per pensare e parlare male di lui rendendogli ostile la gente. Gesù accetta ugualmente l’invito: chissà, forse qualcuno fa tesoro della sua presenza e delle sue parole. Oggi noi vogliamo essere tra questi.

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XVI domenica del tempo ordinario

Abramo accolse tre uomini  sotto l’albero. Offrì loro la possibilità di rinfrescarsi i piedi, preparò pane latte e carne per la loro fame. Alla fine s’accorse d’aver accolto Dio stesso, il suo Dio, che volle premiare la sua ospitalità oltre ogni aspettativa: gli preannunziò la nascita del figlio, senza tener conto dell’età sua e di quella della moglie Sara.

Di ospitalità parla pure il Vangelo. Marta e Maria accolgono Gesù con i discepoli durante il loro viaggio. Sono saliti da Gerico e stanno arrivando a Gerusalemme. Stanno pure continuando un viaggio interiore, un cammino, cui li obbligano le parole e la decisione del Maestro. Egli si è appena rivolto a loro con la parabola del buon Samaritano. Attraverso di essa egli ha parlato di se stesso in maniera velata, ma comprensibile, e inoltre ha lasciato intendere come i suoi discepoli devono essere pronti a servire i fratelli con una disponibilità totale.

Il breve brano di Luca ci mostra ora come Gesù può essere accolto. Le due sorelle gli aprono la porta. Marta lo accoglie  nella sua casa, Maria lo accoglie nel suo cuore. Noi impareremo da tutte e due.

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XV domenica del tempo ordinario

Obbedirai alla voce del Signore tuo Dio, osservando i suoi comandi…; e ti convertirai al Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima”! Mosè così parlò al popolo. Le parole  con tutto il cuore e tutta l’anima sono rimaste vive ad indicare la misura dell’amore dei credenti verso il loro Dio: l’amore, se è vero, è sempre completo, impegna tutto di sé, altrimenti non è amore! A noi non è certamente possibile vivere un amore totale verso Dio: il nostro amore sarà sempre in qualche modo limitato da quell’egoismo che portiamo dentro anche senza accorgerci. Possiamo però coltivare il desiderio e la volontà della totalità dell’amore, o meglio coltiviamo la nostra unione a Gesù: in lui abita “ ogni pienezza”, anche la pienezza dell’amore al Padre! Ci teniamo uniti a Gesù,  immagine del Dio invisibilecapo del corpo che è la Chiesa, il cui sangue versato è il segno dell’amore totale sia verso Dio che verso noi uomini!

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XIV domenica del tempo ordinario

La prima lettura prepara il nostro cuore all’annuncio dato dal vangelo. Rallegratevi… esultate, sfavillate di gioia! Quale notizia sta per raggiungerci? Il profeta Isaia annuncia pienezza di amore, pienezza di vita. L’amore grande come quello di una madre non ci mancherà, un amore che riempie la vita con senso di sazietà e di realizzazione piena! Dio viene a prendersi cura di noi, egli stesso ci vuole incontrare: “Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore”! La stessa gioia viene espressa pure dal salmo. Le opere di Dio ci fanno esultare di gioia, perché egli “non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia”.

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Pentecoste

Oggi si compie quanto Gesù ha più volte promesso ai suoi Apostoli e discepoli. Lo Spirito Santo, il Paraclito, Spirito di verità, scende dal cielo ed entra nella vita di coloro che hanno conosciuto ed amato Gesù. Essi lo hanno atteso, come il Signore aveva loro indicato di fare. Lo hanno atteso come Consolatore, difensore, maestro interiore, esortatore e suggeritore. Il termine usato da Gesù, Paraclito, significa questo e anche molto di più. Lo Spirito è Spirito di Dio, e quindi, entrando nella storia d’un uomo, lo trasforma tanto da renderlo irriconoscibile, da divinizzarlo! Così sono stati trasformati gli apostoli. Sono diventati coraggiosi, sapienti, decisi, capaci di comunione, attenti alle necessità degli altri, gioiosi, forti, miti, umili. Soprattutto sono diventati capaci di testimoniare la morte e la risurrezione di Gesù, di parlarne con gioia, di dedicare la vita a questo annuncio. Essi hanno sperimentato che dalla fede in Gesù morto e risorto viene vita, pace, comunione, fedeltà, amore, e perciò si sono convinti che l’amore vero e pieno per gli uomini non può compiersi che annunciando loro l’amore che Dio ci ha dato in Cristo Gesù!

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