XXIV domenica del tempo ordinario

Per cogliere la portata di rivelazione dell’insegnamento di Gesù sul comandamento del perdono vicendevole possiamo farci la domanda: perché Gesù insiste così tanto sul perdono vicendevole? Quando insegna la preghiera del Padre nostro, l’unica invocazione che riprende nella sua spiegazione è quella sul rimettere i debiti. Perché?

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XXIII domenica del tempo ordinario

Il brano evangelico di oggi e di domenica prossima è tratto dal capitolo 18 di Matteo, quello in cui viene delineata l’immagine realistica della comunità dei credenti, una comunità bisognosa sempre del perdono vicendevole. Il brano di oggi riguarda i peccati pubblici e quello di domenica prossima i peccati privati. Per meglio dire, oggi l’accento è sul peccato contro l’appartenenza alla chiesa e domenica prossima sul peccato che interessa le relazioni tra persone. In effetti, l’espressione che oggi si proclama: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te …”, nei codici più antichi, il Sinaitico e il Vaticano del IV secolo, non è riportato l’inciso ‘contro di te’, a indicare che si tratta di un peccato pubblico. Matteo delinea la linea da seguire in questi casi. Si può pensare che per peccato pubblico si intenda una posizione eretica rispetto alla fede della Chiesa, una rivendicazione di liceità in contrasto con l’insegnamento comune quanto al comportamento. L’invito è: non abbiate fretta di condannare! Cercate in ogni modo di far emergere le intenzioni del cuore, date spazio all’ascolto, lasciate che le cose si possano giudicare con calma, prima a tu per tu, poi con qualche persona e infine pubblicamente. Lasciate che i cuori si possano spiegare. Solo dopo aver tentato tutte le vie, allora la chiesa può ricorrere alla sua autorità di ‘legare e sciogliere’, vale a dire di scomunicare e accogliere. Evidentemente, la presa d’atto che la persona in accusa sia riconosciuta fuori dalla chiesa non è un principio di autorità. L’autorità è solo quella di accogliere, di perdonare, di sostenere la conversione dei cuori. E quando tutto risultasse inutile rispetto alla pervicacia dei cuori, vale sempre il ricorso alla preghiera, vale a dire al mistero della benevolenza dei cuori che affidano a Dio altri cuori che solo Lui conosce.

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XXII domenica del tempo ordinario

Le letture di oggi rivelano la dimensione insospettata dell’esperienza della fede in Gesù. Potremmo collegare il severo comando di Gesù a Pietro: ‘stammi dietro, non davanti’ all’esperienza drammatica del profeta Geremia: ‘mi hai fatto violenza e hai prevalso’, compresi nell’ottica di Paolo che scrive alla comunità di Roma: ‘non conformatevi al mondo, trasfigurati secondo l’uomo nuovo in Cristo’.

Cosa c’è in gioco nella fede in Gesù? Guardiamo a Pietro. È proclamato beato perché ‘piccolo’, cioè nella disposizione di accogliere e non di suggerire; è chiamato ‘satana’ perché si fa grande: vuole suggerire, vuole stare davanti, vuole condurre. E Gesù lo rimprovera: “ Va’ dietro a me”, eco dell’invito di Dio all’uomo a seguirlo, ad ascoltarlo [Dio dice a Mosè: “…  vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere” (Es 33,23)]. Eco anche della disponibilità del popolo a seguire Dio prima che a capirlo:  “Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto” (Es 24,7). Da notare la successione dei verbi: prima eseguire, poi ascoltare. Nell’ascoltare è sottolineata la disponibilità a mettere in pratica, non la capacità di capire.

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XXI domenica del tempo ordinario

Risuona potente l’affermazione di Paolo ai Romani: “ O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,33). Non però perché sono incomprensibili o oscuri, ma perché rispondono alla grandezza di un amore così impensabile, che il cuore dell’uomo stenta a riconoscere. Nel brano di oggi risuona l’eco della lode di Gesù al Padre: “ Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). In primo piano non sta l’opera dell’uomo, ma l’azione di Dio che si manifesta nel suo amore per l’uomo. Gesù testimonia proprio questa azione della manifestazione di Dio agli uomini. Solo coloro che non alzano barriere di pretese o rivendicazioni, solo i piccoli, coloro che sono disposti ad accogliere con fiducia e stupore, solo questi possono partecipare alla gioia di quella manifestazione. Di questa beatitudine Pietro partecipa e, con lui, tutta la chiesa.

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Maria Ss.ma assunta in cielo

Alla tua destra la regina in ori di Ofir”! Queste parole del salmo che ci viene proclamato oggi le ascoltiamo come profezia del mistero che stiamo celebrando. Chi può essere la regina che sta alla destra di Dio? Noi non dubitiamo: è colei che nel vangelo viene proclamata “ beata” e dichiarata “ benedetta fra le donne” e “ madre del mio Signore”. La nostra gioia per questa festa è partecipazione alla gioia di Dio per la sua creatura, accolta oggi nella gloria dei cieli. Questa gioia è occasione per noi di guardare alla vita di Maria per averne consolazione, forza e contentezza nel continuare il nostro cammino nel mondo.

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XIX domenica del tempo ordinario

San Paolo è preoccupato e amareggiato per il peccato dei suoi fratelli ebrei. Egli ha visto quanto il loro cuore fosse chiuso all’annuncio del vangelo, e sì che erano le persone maggiormente preparate ad accoglierlo grazie a tutta la storia che Dio aveva compiuto con loro e grazie ai doni profetici di cui li aveva arricchiti. Egli non solo non si lascia condizionare dal rifiuto del suo popolo, ma ne trae un impegno rinnovato e una generosità maggiore. Egli ha come esempio il grande profeta Elia, che per la sua fedeltà all’unico Dio dovette fuggire lontano per mettersi in salvo dalle ire della regina. Oggi lo vediamo sul monte dove, come premio per la sua fedeltà, riceve la grazia di incontrare Dio stesso. Può assistere col volto coperto al suo passaggio. Questo dono grande, per lui è anche un mite rimprovero. Egli, che aveva agito con forza invocando castighi per chi era infedele, si aspetta di incontrare il suo Dio  nel vento impetuoso, nel  terremoto, in  un fuoco devastatore, ma nulla. No, Dio passa accompagnato da un  fruscio di silenzio. Dio comincia a far capire ai profeti che egli non vuole la morte, ma la salvezza dei peccatori. Anche il salmo sottolinea questo metodo del Dio vivente.

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XVIII domenica del tempo ordinario

Il brano evangelico incastona l’episodio della moltiplicazione dei pani nel movimento di compassione di Dio per l’uomo: “e sentì compassione per loro”. Dietro ogni parola di Gesù, dietro ogni gesto sta la sua compassione, che rimanda direttamente all’amore sconfinato di Dio per i suoi figli, per i quali non ha esitato a mandare il suo Figlio. Proprio come annotava Origene in un suo splendido commento a Ezechiele: “Egli è disceso sulla terra mosso a pietà del genere umano, ha sofferto i nostri dolori prima ancora di patire la croce e degnarsi di assumere la nostra carne; se egli non avesse patito, non sarebbe venuto a trovarsi nella condizione della nostra vita di uomini. Prima ha patito, poi è disceso e si è mostrato. Qual è questa passione che per noi ha sofferto? È la passione dell’amore”. Proprio come proclama il salmo 144 riportando la rivelazione di Dio a Mosè sul Sinai dopo il peccato del vitello d’oro: “Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. È a partire da quella ‘passione’ che Gesù si ‘muove nelle viscere’ davanti allo smarrimento, alla sofferenza, alla fatica degli uomini. 

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In adorazione da 100 anni

XVII domenica del tempo ordinario

Per cogliere la portata di rivelazione delle parabole di oggi mi rifaccio a due altri passi del vangelo che riportano due affermazioni di Gesù: “ Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21) e “ di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,42). La sottolineatura è la seguente: il cuore cerca il suo tesoro; un solo tesoro conta! L’affermazione non riguarda solo la cosa, cioè il tesoro, ma anche il cuore, vale a dire: il cuore è strutturato per godere del tesoro che lo riempie.

L’accento delle parabole di oggi non è posto sulle cose (tesoro o perla) ma sull’azione della scoperta. Come se Gesù dicesse: il regno dei cieli è simile a quando un uomo scopre un tesoro e pieno di gioia vende tutto quello che possiede per impossessarsene. Così, l’uomo non è chiamato a lasciare tutto per il Regno dei cieli, ma che lascia tutto perché trasportato dalla gioia di una scoperta che gli riempie il cuore. Il Regno non si contrappone a nulla di per sé. Non è la perla più bella delle altre. È, più semplicemente ma più potentemente, la perla di ‘grande valore’; è il tesoro tra i beni e non un bene più prezioso degli altri beni. È l’unica cosa di cui c’è bisogno (da intendere: l’unica cosa che può riempire il cuore, l’unica cosa che durerà per sempre, l’unica cosa che dà valore a tutto il resto e in funzione della quale tutto il resto è vissuto). Saper cogliere questo è frutto di sapienza e la colletta fa pregare: “concedi a noi il discernimento dello Spirito, perché sappiamo apprezzare fra le cose del mondo il valore inestimabile del tuo Regno, pronti ad ogni rinunzia per l’acquisto del tuo dono”.

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XVI domenica del tempo ordinario

Del nostro Dio la prima lettura dice: “ Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto”. Dio è nostro Padre, ed è davvero inimitabile. Egli è forte, e ci mostra la sua forza se occorre. Egli però è mite, e noi godiamo della sua indulgenza e pazienza. Ci sono tuttavia persone che si ritengono in grado di poterlo giudicare e di pronunciarsi contro di lui, dicendo che è ingiusto e senza cuore. Egli non ha bisogno di difendersi da questa accusa, tanto è evidente il contrario. Cieco è l’uomo che non vede la sua giustizia e non ha pazienza di attendere che essa si manifesti. Con il suo modo di fare, cioè con la sua forza e la sua pazienza, Dio ci insegna ad amare gli uomini, tutti, anche quelli che si rendono degni di grandi castighi. Sono anch’io uno di quelli, e, per grazia, Dio mi dà la possibilità di sperare nella sua indulgenza. Egli attende, e attende ancora, e così io arrivo a riflettere per maturare il pentimento e quindi chiedergli perdono.

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