III domenica di Pasqua

La frazione del pane (nell’episodio dei due discepoli di Emmaus) è per san Luca il mistero nel quale Dio, oggi, si può comunicare di più alla nostra anima.

Le apparizioni non devono avvenire. Sempre Egli sarà con noi, ma non lo vedremo. Però la sua presenza non è inattiva; essa dona alla nostra anima di risorgere pian piano, dall’incredulità alla fede, dalla disperazione alla speranza, dalla mancanza di amore (perché ormai Dio era morto; «non ardeva il nostro cuore?») all’ardore di carità. Qual è la vita cristiana dopo la resurrezione del Cristo? Quella che gli apostoli non avevano mai conosciuto prima della resurrezione: l’esercizio delle virtù teologali. Infatti la speranza degli apostoli prima della morte era soltanto quella di essere a destra e a sinistra di Gesù quando sarebbe stato al governo del mondo; la fede dei discepoli era in Gesù come rabbì, non come Figlio di Dio, non come Colui dal quale dipende la salvezza del mondo, salvezza escatologica.

Questa pagina dei discepoli di Emmaus è simbolica: in quei due discepoli siamo raffigurati tutti noi. Troppo spesso ci dimentichiamo che il Cristo è con noi. Quante volte ci sediamo a tavola e non ci sembra che il Signore sia a tavola con noi; troppo spesso quando si va al lavoro crediamo di essere soli. Egli invece è con noi sempre. Ricordiamoci che Egli non è soltanto presente nella Chiesa. La presenza del Cristo nella Chiesa (è l’insegnamento di san Matteo) è una presenza in ordine alla missione della Chiesa. Qui invece c’è la presenza di Cristo in due semplici discepoli; non sono apostoli, ma due come noi. Gli altri erano lontani, il mondo si era allontanato da loro, entravano nel buio della sera, camminando verso Emmaus; così noi, via via che camminiamo, ci sentiamo sempre più soli e il silenzio scende nella nostra vita. Ma non è vero: Uno si accompagna a noi, e, nonostante il silenzio e la solitudine si facciano sempre più grandi (perché i nostri figli si allontanano, perché cessa il lavoro e sembra che la nostra vita si spogli sempre più), in realtà l’esistenza diviene sempre più limpida e più ricca di intima vita, perché la fede diviene più luminosa, perché la speranza (non si sa come) diviene più profonda, e la carità sempre più reale nei nostri cuori.

Un cristiano, se rimane fedele, quanto più va avanti negli anni, tanto più non va verso la morte, ma verso la vita. Abbiamo in questa pagina un esempio: Cristo diviene dedizione totale ai suoi figli, e non chiede nulla per sé. Sempre più evita di ricevere, vuol soltanto donare.

È una grande pagina quella di Luca; come sempre Luca non è tanto ecclesiastico, come Matteo, né così mistico, come Giovanni, né cosìkerygmatico, come Marco, ma è l’evangelista della vita cristiana.

(…) N noi viviamo l’alba, il giorno e il vespro di una vita che discende verso la morte, ma solo sul piano biologico e psicologico; sul piano della fede invece si va verso la luce. Perciò non sappiamo se questo sia veramente un andare verso la notte, o non piuttosto verso un giorno che sempre più si annuncia vicino.

Questa pagina (Lc24, 13-35) è la pagina normativa della vita cristiana di ciascuno di noi; i due discepoli non ricevono nessuna missione, risorgono soltanto ad una nuova vita. È la pagina che dice precisamente il contenuto della vita presente del cristiano; essere con Lui, anche senza sperimentare fino in fondo questa presenza, anche senza esserne pienamente sicuri. Però gli effetti di questa presenza si fanno sentire per ciascuno di noi in una fede sempre più vera, più grande, in una speranza più viva, in un amore che sempre più ci dilata. Egli è con noi.

Don Divo Barsotti