IV domenica di Pasqua

Io sono il pastore: il titolo più disarmante e disarmato che Gesù dà a se stesso. Eppure pieno di coraggio, contro i lupi e per la croce. Io sono il pastore bello, aggiunge il testo greco. E noi capiamo che la bellezza del pastore è il fascino che hanno la sua bontà e il suo coraggio. Capiamo che la bellezza è attrazione, Dio che crea comunione. Con che cosa ci avvince il pastore bello, come ci fa suoi? Con un verbo ripetuto cinque volte: io offro la mia vita; la mia vita per la tua. E non so domandare migliore avventura. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio, il comando che fa bella la vita: il dono. La felicità di questa vita ha a che fare col dono e non può mai essere solitaria.

l pastore bello e coraggioso ha un movente, non semplicemente un ordine da eseguire. Se cerco ciò che lo muove, mi imbatto subito nell’immagine opposta del mercenario che vede venire il lupo e fugge perché non gli importa delle pecore. A Cristo invece importano le pecore, tutte, l’una e le novantanove. L’uomo interessa, l’uomo è importante. Anzi Cristo considera ogni uomo più importante di se stesso, per questo dà la sua vita. Signore, non ti importa che moriamo? Grido degli apostoli spaventati in una notte di tempesta. E il Signore risponde placando il mare, sgridando il vento, per dire: Sì, mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante per me. Lo ripete a ciascuno: mi importano i passeri del cielo, ma voi valete più di molti passeri. Mi importano i gigli del campo, ma tu sei molto di più. Ti ho contato i capelli in capo, e tutta la paura che porti in cuore. Questa è la certezza: a Dio importa di me. A questo ci aggrappiamo, anche quando non capiamo, soffrendo per l’assenza di Dio, turbati per il suo silenzio. Questo comandamento ho appreso dal Padre: la vita è dono. Per stare bene l’uomo deve dare. Perché così fa Dio. Il pastore non può stare bene finché non sta bene ogni sua pecora. Il Dio del cristiano non sta bene nei cieli, discende e si compromette. Il cristiano non può star bene finché non sta bene suo fratello. E tutti, a nostra volta pastori di un minimo gregge, ripetiamo le parole di Gesù, ma in silenzio e coraggio: tu mi importi, tu figlio amato o sconosciuto fratello, tu incontro d’oggi o compagno di una vita, tu sei importante per me. Da qui parte l’avventura di coloro che vogliono sulla terra, come il pastore bello e coraggioso, custodire e lottare, camminare e liberare. Alla ricerca di Qualcuno che ci faccia diventare dono, che ci dia il coraggio di capire che dare la propria vita è l’unico comando, è l’unico modo per riempire e fare bella la vita.

p. Ermes Ronchi