XI Domenica del tempo ordinario

Così è il regno di Dio”, dice Gesù introducendo molte parabole. Egli parla facendo uso di parabole: così tutti capiscono qualcosa, nessuno rimane privo di insegnamento; qualcuno, quelli che lo amano, possono iniziare a comprendere anche il messaggio principale, la rivelazione di Dio che vuole trasmettere e cominciano a capire chi egli è. Anche noi siamo lodevolmente desiderosi di conoscerlo. Che cos’avrà voluto far intendere Gesù, anzitutto ai suoi discepoli, e in seguito anche agli altri, man mano che cresceva in loro l’amore per lui e la disponibilità a seguirlo? “Così è il regno di Dio”: sappiamo già che egli si presenterà come il re del regno, quindi regno di Dio è quel cambiamento nella società che appare quando ci sono persone che lo accolgono come signore della propria vita. Il contenuto della parabola quindi riguarda anzitutto la sua persona e il suo compito nel mondo.

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X Domenica del tempo ordinario

Il vangelo di oggi segue in Marco l’istituzione dei Dodici e il primo effetto davanti alle folle che cominciano a radunarsi intorno a Gesù riguarda quelli che sono chiamati i suoi parenti, i quali lo ritengono “fuori di sé”. Quello che Cristo ha cominciato a dire colpisce fortemente gli ascoltatori e produce la reazione degli spiriti immondi. La liberazione dal male che lui ha iniziato non può non provocare il male a reagire fino al punto di accusarlo di essere posseduto da Beelzebul (cf Mc 3,22). Ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata, dice Gesù (cf Mc 3,29).

A Pentecoste si è compiuta la promessa del Padre e il dono dello Spirito è la condizione essenziale per poter seguire Gesù. Rimane confuso chi non è coinvolto in questa discesa e comincia a ragionare secondo termini puramente umani. Intestardirsi nell’orizzonte solo umano e addirittura appellarsi alle forze oscure, tenebrose, opposte a Dio invece di accogliere il dono dello Spirito che manifesta e realizza nell’umanità del Figlio un’esistenza nuova vuol dire bestemmiare lo Spirito Santo. Il non perdono spiega questa chiusura in sé stessi e la schiavitù di questa nostra limitata, mortale natura. Questo ricorda direttamente il colloquio con Nicodemo: “Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito” (Gv 3,6). 

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Un libro a settimana: Quando il maestro parla al cuore di G. Courtois

Cerca costantemente di farmi piacere. Sia questo l’orientamento essenziale del tuo cuore e della tua volontà. Io sono più sensibile di quanto non si pensi alle piccole delicatezze e alle attenzioni costanti.

Se sapessi fino a qual punto ti amo, non avresti mai paura di me. Ti getteresti perdutamente nelle mie braccia. Vivresti nell’abbandono fiducioso alla mia immensa tenerezza e soprattutto, pur tra le attivitàpiù assorbenti, non potresti dimenticarmi mai e compiresti ogni cosa in me.

Per ascoltare la mia voce devi metterti in una disposizione di animo che faciliti l’accordo dei nostri pensieri.

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

Nell’Ultima Cena Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue mediante il pane e il vino, per lasciarci il memoriale del suo sacrificio di amore infinito. E con questo “viatico” ricolmo di grazia, i discepoli hanno tutto il necessario per il loro cammino lungo la storia, per estendere a tutti il regno di Dio. Luce e forza sarà per loro il dono che Gesù ha fatto di sé, immolandosi volontariamente sulla croce. E questo Pane di vita è giunto fino a noi! Non finisce mai lo stupore della Chiesa davanti a questa realtà. Uno stupore che alimenta sempre la contemplazione, l’adorazione e la memoria. Ce lo dimostra un testo molto bello della Liturgia di oggi, il Responsorio della seconda lettura dell’Ufficio delle Letture, che dice così: «Riconoscete in questo pane, colui che fu crocifisso; nel calice, il sangue sgorgato dal suo fianco. Prendete e mangiate il corpo di Cristo, bevete il suo sangue: poiché ora siete membra di Cristo. Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto».

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Un libro a settimana: Quando il maestro parla al cuore di G. Courtois

Pensa un po’ più spesso alle cose che mi rallegrano: la mia venuta nelle anime dei bambini, la purezza dei loro cuori e dei loro sguardi, i loro sacrifici d’amore a volte tanto generosi, la semplicità e la totalitàdel dono di se stessi. Io mi effondo in numerose anime di bambini nelle quali non c’è ancora nebbia nociva che offusca il cristallo della loro innocenza, poiché dei buoni educatori hanno saputo condurli, guidarli, incoraggiarli verso di me.

Chi mi rallegra è il sacerdote fedele allo Spirito Santo e alla Madre mia, che ha acquisito progressivamente una percezione quasi costante della mia presenza e agisce in conseguenza. Chi mi rallegra sono, in tutti gli ambienti e in tutti i paesi, le anime semplici, che non danno adito all’orgoglio, che non si preoccupano della loro persona, che non pensano tanto a se stesse quanto agli altri, in una  parola, che si dimenticano spontaneamente per vivere al servizio del mio amore.

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Santissima Trinità

La vita cristiana si svolge tutta quanta nel segno e in presenza della Trinità. All’alba della vita, fummo battezzati “nel nome del Padre e del Figlio dello Spirito Santo” e alla fine, accanto al nostro capezzale, verranno recitate le parole: “Parti, anima cristiana, da questo mondo: nel nome del Padre che ti ha creata, del Figlio che ti ha redenta e dello Spirito Santo che ti ha santificata”.

Tra questi due momenti estremi, si collocano altri momenti cosiddetti “di passaggio” che, per un cristiano, sono contrassegnati tutti dall’invocazione della Trinità. È nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che gli sposi si congiungono in matrimonio e i sacerdoti vengono consacrati dal vescovo. Una volta nel nome della Trinità iniziavano i contratti, le sentenze e ogni atto importante della vita civile e religiosa.

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Un libro a settimana: Quando il maestro parla al cuore di G. Courtois

È molto utile vivere dei tempi forti durante i quali la mia presenza diventa percettibile alla tua anima.

La prima cosa, è di chiedermi più intensamente di spogliarti da tutto ciò che impedisce di ascoltare, intendere, raccogliere, assimilare, mettere in pratica la mia Parola. Infatti io sono in te Colui che ti parla. Ma tu non puoi capirmi se non mi ascolti. Puoi ascoltarmi soltanto se il tuo amore è davvero puro da ogni ripiegamento su te stesso e assume le caratteristiche di un amore oblativo in comunione col mio.

La seconda cosa, è di essere fedele nel consacrarmi in esclusiva alcuni tempi forti nell’intimo di te stesso, laddove io sono e vivo con una presenza sempre attuale, sempre operante e amorosa.

La terza, è di sorridermi di più. Lo sai, io amo colui che dona e si dona col sorriso. Sorridimi. Sorridi atutti. Sorridi a tutto. Nel sorriso è presente, più di quanto tu non lo creda, la grazia espressiva del veroamore fatto del dono di sé, e più tu lo doni, più io in cambio mi dono a te.

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Domenica di Pentecoste

Quanto abbiamo celebrato nel Triduo Santo e nel Tempo pasquale, nella Pentecoste trova il suo compimento, come prega il Prefazio di questa solennità: «Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale». Il compimento della Pasqua riguarda la nostra persona, perché è in noi che la Pasqua del Signore attende di giungere a pienezza. Una prospettiva che ci proietta nella storia del popolo di Israele, che celebra, cinquanta giorni dopo la Pasqua, la Festa delle Settimane per il dono della Tôrah da parte del Signore e, nell’annuncio dei profeti che attendevano il tempo del compimento, l’effusione dello Spirito su ogni carne, come afferma un testo di Gioele (Gl 3,1), citato nel racconto della Pentecoste negli Atti degli Apostoli.

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Un libro a settimana: Quando il maestro parla al cuore di G. Courtois

Ho ancora molte cose da farti capire e su questa terra non ne conoscerai se non una piccola parte. Ma per capire tali verità, per quanto limitate, è necessario che tu mi venga maggiormente incontro. Se ti rendessi più accogliente ti parlerei di più. Essere accogliente significa essere anzitutto umile, considerarsi come un ignorante che ha molto da imparare. Significa rendersi disponibile per venire ai piedi del Maestro e soprattutto vicino al suo cuore, dove si capisce tutto senza bisogno di formule. Significa essere attenti ai movimenti della grazia, ai segni dello Spirito Santo, al soffio misterioso del mio pensiero.

Continua a conversare con me anche dopo i nostri incontri in cappella. Pensa che sono presente vicino a te, con te, in te: pur svolgendo le tue mansioni, getta di tanto in tanto uno sguardo carico d’amore verso di me. Non è certo questo, lo sai bene, che disturberà la tua attività e il tuo apostolato. Non è forse nella misura in cui sarò nel tuo spirito che vedrai i tuoi fratelli con i miei occhi e li amerai con il mio cuore?

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Ascensione del Signore

Che cosa ci vuol dire la Festa dell’Ascensione del Signore? Non vuol dirci che il Signore se ne è andato in qualche luogo lontano dagli uomini e dal mondo. L’Ascensione di Cristo non è un viaggio nello spazio verso gli astri più remoti; perché, in fondo, anche gli astri sono fatti di elementi fisici come la terra. L’Ascensione di Cristo significa che Egli non appartiene più al mondo della corruzione e della morte che condiziona la nostra vita. Significa che Egli appartiene completamente a Dio. Egli – il Figlio Eterno – ha condotto il nostro essere umano al cospetto di Dio, ha portato con sé la carne e il sangue in una forma trasfigurata.

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