Un libro a settimana: La pace del cuore di di J.Philippe

1. Le preoccupazioni della vita e la paura di mancare del necessario

Generalmente perdiamo la pace a causa del timore suscitato da alcune situazioni che ci toccano personalmente e nelle quali ci sentiamo minacciati, dall’apprensione di fronte a difficoltà presenti o future, della paura di essere privi di qualcosa di importante o di non riuscire in tale o tal altro progetto ecc. Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita: salute, vita familiare e professionale, vita morale, la stessa vita spirituale in fine.

Nei casi elencati si tratta di un certo bene, di natura molto variabile: bene materiale (denaro, salute, potere), morale (capacità umane, stima, affetto di alcune persone), spirituale (virtù, doni e grazie spirituali), bene che desideriamo e riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere o di non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L’inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace.

Cosa può permetterci di rimanere sempre in pace in questo genere di situazioni? La saggezza umana, con le sue precauzioni, le sue previsioni, le riserve ed assicurazioni d’ogni sorta, non basta di certo. Chi può garantire a se stesso con sicurézza il possesso duraturo di un bene qualsiasi? Non è certo grazie a calcoli e preoccupazioni che riusciremo a cavarcela. « E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? » (Mt 6,27). L’uomo non ha mai la certezza matematica di ottenere qualcosa e tutto quanto tiene tra le mani può sfuggirgli da un momento all’altro. Non vi è alcuna garanzia umana su cui appoggiarsi saldamente.

Gesù ci dice: « Chi vorrà salvare la propria vita la perderà » (Mt 16,25). Il modo più sicuro per perdere la pace è proprio il cercare di assicurarsi la propria vita, di acquistare o conservare un bene qualsiasi con l’aiuto della sola industria umana. In quali tormenti ed inquietudini si mette la persola che cerca di salvarsi in questo modo, considerate le sue forze limitate, l’impossibilità di prevedere tante cose, le delusioni che possono procurare gli avvenimenti o le persone sulle quali si fa affidamento!

Per conservare la pace in mezzo ai rischi dell’esistenza umana non abbiamo che un’unica soluzione: appoggiarci a Dio solo, con una totale fiducia in lui. Confidare in lui come in un padre che sa di cosa abbiamo bisogno, secondo l’insegnamento del Signore: « Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo ed il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del ciclo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salamene, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena » (Mt 6,25-34).

Gesù, con queste parole, non intende certo proibirci di fare il necessario per guadagnare il nostro nutrimento, di provvedere ai nostri indumenti e a tutte le altre necessità. Egli vuole liberarci da quella preoccupazione che rode e fa perdere la pace. Tuttavia, molti sono scandalizzati da questo modo di vedere le cose. Eppure potrebbero risparmiarsi tante sofferenze e tormenti inutili, se solo prendessero sul serio questa parola di Dio, che è parola d’amore, di consolazione e di tenerezza.

Questo è il grande dramma: l’uomo non ha fiducia in Dio. Cerca allora in ogni circostanza di cavarsela con le proprie forze, si mette in ansia e si rende terribilmente infelice, invece di abbandonarsi fiducioso nelle mani tenere e pietose di suo padre. Com’è però ingiustificata questa mancanza di fiducia! Non è assurdo che un bambino dubiti così di suo padre, quando questi è il migliore ed il più potente che possa esistere quando è il Padre celeste?

(…) Quanti giovani, ad esempio, esitano a donargli interamente la loro vita perché dubitano che Dio sia capace di renderli pienamente felici, e cercando di assicurarsi la felicità da soli, si rendono infelici!

E proprio allora che il padre della menzogna, l’Accusatore, riporta la sua vittoria: quando riesce a mettere nel cuore di un figlio di Dio la diffidenza nei confronti di suo padre!

Tutti gli uomini vengono al mondo segnati da questa diffidenza: questa è la traccia in noi del peccato originale. Tutta la nostra vita spirituale consiste appunto in un lungo processo di guarigione e di rieducazione, il cui scopo è il ritrovamento di questa fiducia perduta, aiutati dalla grazia dello Spirito santo che ci rende poco a poco capaci di dire in verità: Abbà, padre! E pur vero che questo ricupero della fiducia nei confronti di Dio è per noi particolarmente difficile, lungo nel tempo e penoso. Si presentano due ostacoli principali.

 

tratto da “La pace del cuore” di J.Philippe (ed. Dehoniane – Roma)